Prima città di terraferma a donarsi a Venezia, Motta venne per questo insignita del titolo onorifico "Figlia primogenita della Repubblica" e poi, grazie alla fedeltà dimostrata sempre alla città lagunare ebbe, dopo la guerra della Lega di Cambrai del 1508-1510, il titolo di "Figlia prediletta della repubblica".
Durante il periodo della Serenissima Motta raggiunse il suo massimo splendore diventando un affermato centro commerciale con un importante porto fluviale, punto nodale per lo scambio delle merci tra il Veneto orientale, il Friuli e Venezia.
Il fiume Livenza veniva utilizzato da secoli dai veneziani per il trasporto ed il commercio del sale e della seta e per raggiungere i loro vasti possedimenti nell'entroterra, fino ad arrivare alla città di Pordenone risalendo, dal Livenza, lungo i fiumi Meduna e Noncello. All'epoca e fino a tutto l'Ottocento, il fiume Livenza era considerato una vera e propria "autostrada" data l'intensità e l'importanza del transito fluviale, sia commerciale che civile, che interessava questo fiume da e per Venezia.
Lungo questa strada l'aristocrazia veneziana si era fatta costruire numerose ville in funzione non solo della loro rappresentatività sociale, ma anche quali centri legati all'attività agraria intrapresa dalla Serenissima in terraferma.
Il Nobile Gio. Antonio Bertoja, precursore del ramo di Motta, nacque a Ceneda il 29 maggio 1737 dal felice matrimonio tra il Notaio Pietro Antonio e la Nobile Caterina del fu Camillo Melsio. Egli era il figlio maschio quartogenito, ma, con un fratello celibe (Federico) ed altri due che avevano scelto la via del sacerdozio (Angelo e Buffardo), si trovò volente o nolente ad essere perno della situazione famigliare per quanto attiene agli aspetti sucessori. Dotato di notevole intraprendenza, egli fu membro del Consiglio Nobile di Ceneda e Consigliere della Magnifica Comunità con incarichi di primaria importanza: Giurato di Giustizia (1775), Stimatore di Comun ( 1775 e 1790), Sopra la Sanità (1790). Gio. Antonio Bertoja si uni in matrimonio con la Nobile Vittoria Pasini del fu Nicolò.
La loro unione fu allietata dalla nascita di diversi figli, il più intraprendente dei quali fu il primogenito Gio. Battista, nato il 19 ottobre 1767, su quale i genitori avevano ambiziosi programmi. Quest'ultimo molto diligente nello studio, si laureò in giurisprudenza presso l'università di Padova nel 1786. Nel 193, ancor giovane, Gio. Battista già ricopriva l'incarico di Giurato di Giustizia nell'ambito della Magnifica Comunità di Ceneda. Sua madre Vittoria era imparentata sia con i Pasini abitanti di Motta che con il Nobile Bernardo Pasini, Presidente della Corte di Giustizia Civile e Penale di Treviso, la moglie del quale era la Nobildonna Ardura Amalteo di Motta.
Furono questi ultimi, legati ai Bertoja non solo da rapporti parentali ma anche da una stretta amicizia e comunione di interessi, a prendersi cura della carriera del giovane Dottor Gio. Battista Bertoja. Infatti fu proprio Bernardo Pasini che favori nelgli ultimi anni del '700 la nomina di Gio. Battista Bertoja quale Cancelliere Civile e Criminale di Motta, ruolo che esercitò con grande professionalità e competenza.
Grazie a questo importante ruolo s'inseri facilmente nel tessuto sociale di Motta e alla fine del '700 portò all'altare proprio una mottense Elisabetta figlia di D. Giuseppe Michielon.
Il figlio Agostino aveva la qualifica di "Possidente" , cosi veniva chiamato chi era dedito a agli investimenti terrieri ed immobiliari in generale, titolo che i Nobili Bertoja di Ceneda, domiciliati a Motta, mantennero fino alla loro estinzione nel 1992.
Dopo aver ottenuto nel 1911 la licenza liceale all'istituto Canova di Treviso, Agostino, si iscrisse alla facoltà di farmacia presso l'università di Padova, ma l'imperversare della prima guerra mondiale l'obbligò ad una sospensione degli studi poiché egli decise di presentarsi volontario arruolandosi nell'esercito italiano. Nel corso della guerra si distinguerà in diverse azioni dimostrando notevole intraprendenza e successivamente verrà premiato con l'onoreficenza di Cavaliere dell'Ordine di Vittorio Veneto. Rientrato dal fronte egli riprese gli studi e, dopo aver conseguito la laurea in farmacia, iniziò subito ad esercitare la professione in proprio utilizzando un fabbricato ereditato dalla madre, posto all'incrocio tra Borgo degli Angeli e via Ballarin, avviando con successo una farmacia detta alla Provvidenza ancor oggi presente.
Sposò Clara Mantovani nel 1923 a Milano, in una delle residenze di lei. Imprenditrice ambiziosa, ma anche donna di grande dignità e umanità, molto ricca, azionista dell'Alfa Romeo, appartenente a quello che era il bel mondo industriale milanese di allora.
I due coniugi formarono una coppia molto in vista e rappresentativa della sfera imprenditoriale di quel tempo. Essi andarono inizialmente ad abitare nel palazzetto di proprietà della Mantovani situato in Borgo degli Angeli a Motta di Livenza. Qui si fermarono solo per poco tempo avendo individuato un bel palazzo, lungo Viale Madonna a Motta, che acquisteranno dai Nobili Perocco della Meduna.