Tradizione Enologica

Degne di attenzione sono le notizie sulla produzione e sulla commercializzazione dei nostri antichi vini. Questa ricerca infatti interessa un territorio, il Trevigiano, da sempre protagonista della tradizione viticola ed enologica e che si intreccia fittamente con le vicende della Nobile famiglia Bertoja.

Sono numerosi i documenti storici che attestano, sin dal Cinquecento, la presenza di figure professionali in ambito enologico (“Stimadori e assaggiatori di vini”) di cui la famiglia Trevigiana vantava innumerevoli esponenti

Reperti che confermano la passione, l'abnegazione e l'accuratezza con cui ci si dedicava a tale nobile attività.

La vite era coltivata in terreni contrassegnati con la dicitura (iniziali che stanno per: Arativo – Piantato – Vidigato) dove la coltura era promiscua e le viti venivano “maritate” ad un tutore vivo che serviva per il loro sostegno, costituito generalmente dall'acero (allora chiamato opio) o dal salice (salgaro) ed a volte anche dall'olmo e dal gelso, o da piante fruttifere quali il ciliegio e il melo.

Allora il nome del vino si identificava scarsamente con il nome del vitigno e per produrre una determinata tipologia di vino si utilizzavano di regola uve di diverse varietà. E per identificare i vini  si usavano appellativi riferiti non tanto al vitigno ma alla diversa provenienza o tipologia dei prodotti:

Vino bianco – il classico prodotto delle colline Trevigiane.

Vino negro – vini rossi con sapore marcato.

Vin de monte – vini provenienti dalla fascia collinare.

Vin de plano – vini di pianura.

In alcuni casi, a fianco di certi vini, veniva indicato oppure più esplicitamente <vino negro misso a boier cò aqua>. L'annacquamento era una pratica usata in particolare su una certa tipologia di vini rossi. All'epoca infatti tra le uve più diffuse c'erano le da cui si producevano vini rossi molto carichi di colore, di elevata tannicità e di sapore asprigno. Questi vini se consumati tal quali risultavano troppo corposi al palato per cui venivano diluiti con l'aggiunta di una modesta percentuale di acqua. Essi erano molto richiesti dalla Serenissima perché, grazie alla loro notevole corposità ed ai loro particolari requisiti organolettici, resistevano molto meglio di altri vini al trasporto via mare, si conservavano più a lungo e ben difficilmente manifestavano problemi di acescenza.

Ma era soprattutto lungo le pendici collinari, dove attualmente regna il Prosecco, che venivano prodotti i vini di maggiore qualità, sia bianchi che rossi. In queste zone vengono spesso citate anche le > che erano  una categoria di vini particolarmente pregiata e diffusa all'epoca. Erano vini dolci, rientranti nella tipologia dei vini cioè non bolliti che equivale a non fermentati, quindi ancora dolci.

Le mostadure provenivano da uve molto mature, con un elevata concentrazione zuccherina ed erano costituite essenzialmente da un mosto non pigiato, sgrondante dalle uve sottoposte a pressione del loro stesso peso. Per impedirne la fermentazione il mosto veniva ripetutamente travasato e chiarificato con che furono utilizzati sicuramente fino a tutto il XIX secolo.

Questi filtri erano costituiti da una serie di sacchi di robusta tela racchiusi entro un recipiente di legno in cui scolava lentamente il  succo filtrando attraverso le maglie del tessuto. Uno di questi antichi filtri, un autentico reperto storico, fa parte della collezione esistente presso Villa Bertoja Michelin a Motta di Livenza.

Le mostadure erano un prodotto assai versatile generalmente ottenuto con uve provenienti dalle zone collinari, adatto per essere consumato tal quale o fatto parzialmente fermentare nel qual caso veniva chiamato essendo soprattutto il consumatore Germanico un assiduo estimatore di questi vini.

E i Bertoja in epoca Veneziana si erano specializzati nel commercio dei loro vini proprio con il Cadore ed i paesi Germanici, vinificando anche le uve del Vescovado. Alla fine del seicento la loro principale cantina, ubicata a Ceneda, in Contrada Cencenighe dietro al loro palazzo, aveva una disponibilità di oltre una cinquantina di botti ed era considerata tra le più ben attrezzate del comprensorio.

Il vino, da queste parti, ha sempre assolto il ruolo di collante sociale e anello di congiunzione tra i diversi ceti della collettività: a partire dai “vini di eccellenza” per le classi sociali più elevate, ai “vini da Messa” per le funzioni religiose, fino alla versione più popolare dei vini allungati con acqua, precursori dell'odierno spritz ed è sempre stato il protagonista delle tavole Trevigiane.

A quel tempo i “vini di eccellenza” avevano una loro importanza anche in campo diplomatico e politico, erano utili per fare omaggi e per curare le pubbliche relazioni, assumendo un grande significato nei banchetti delle classi nobili, ecclesiastiche e borghesi.

Infatti alla tavola dei re si serviva vino, sia nell'Europa dove vive la vite, sia in Inghilterra, Russia, o Scandinavia; ovunque insomma il vino di eccellenza doveva accompagnare i cibi dei sovrani, dei principi, dei nobili e naturalmente dei ricchi mercanti che costituivano l'ossatura della classe imprenditoriale.

In particolare tra il '500 e il '600 la cultura del vino rappresentava uno dei tanti aspetti della tradizione mercantile veneziana e quella del < conoscitore e assaggiatore del vino > era diventata una vera e propria arte nella quale i Bertoja eccellevano avendo esercitato da sempre questa loro passione.

Non a  caso anche nel novecento l'ultimo discendente di questa atavica famiglia, il Nobiluomo Luigi Bertoja, era proprietario di una stimata cantina ubicata nella zona centrale di Motta di Livenza dove venivano prodotti e imbottigliati i migliori vini del territorio fregiati dei più prestigiosi riconoscimenti e nei sotterranei della propria villa aveva allestito una cantina padronale nella quale conservava le migliori specialità e dove ora è ubicata una pregevole esposizione di attrezzature di antiquariato enologico, dalla pigiatura dell'uva, al travaso e filtrazione dei vini, al riempimento ed alla tappatura delle bottiglie etc.

Non sorprende l'eccezionale potenziale qualitativo dei vini oggi prodotti in questo territorio frutto del lavoro, della passione e della tradizione che ci sono stati tramandati da tali straordinari precursori.

E forse era destino che in Villa Bertoja Michelin si dovesse ancora oggi continuare a parlare di vino....

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